L'armonia perduta (quarta e ultima parte)

 

La "città ideale" ovvero l'armonia perduta...quella che dovrebbe esserci tra “contenitore” e “contenuto”. Come riconquistarla?... Andando al circo.

Quarta e ultima parte

Tra le molte altre attrazioni dello spettacolo circense al quale ho assistito e di cui vorrei parlare ancora, ce n’è una che  ho lasciato per ultima e che riguarda il ruolo che è forse considerato il più prestigioso ma anche il più pericoloso e difficile: i trapezisti, donne e uomini volanti. Forse la parte più emozionante dello spettacolo, quella che più si avvicina al cielo di questo piccolo mondo in miniatura. Si svolge infatti molto in alto, quasi a toccare il tendone e dunque è  quella  che più mi richiama al senso spirituale e, se vogliamo, religioso dell’arte circense.
Non c’è che la fiducia totale e reciproca nella certezza che ci sia sempre l’abbraccio di un compagno a raccoglierti dopo un triplo salto mortale nel vuoto. Fiducia, la cui alternativa è solo il vuoto, il fallimento o addirittura la morte, per i più spericolati o sfortunati. Quale metafora più bella e profonda della solidarietà umana e del coraggio che ad essa dovrebbe sempre accompagnarsi?
C’è una simbologia più chiara e più semplice di questa? Che ci parli di amore, forza, coraggio, abilità, solidarietà e che ci avvicini così tanto alla nostra consapevolezza di essere nulla  se non c’è qualcuno che ci stringa forte tra le sue braccia quando rischiamo di precipitare? Un’ultima  riflessione sul tendone, sì, sulla tenda il “contenitore” che protegge questo piccolo mondo fantastico.
Cosa c’è di più evocativo della tenda, della capanna, origine stessa dell’architettura  come riparo dell’uomo e, allo stesso tempo, di più avanzato tecnologicamente, di più funzionale e flessibile  ( come si usa dire spesso dell’architettura  contemporanea ) di un tendone da circo moderno con tutti gli annessi e connessi? Le architetture “stanziali” come le abitazioni, gli ospedali, le scuole, gli uffici in cui viviamo oggi, credo che possano prendere ispirazione dal circo, che è una architettura “itinerante” nello spazio ma anche nel tempo, per capire come ci si può adattare tecnologicamente ed in modo funzionale alle diverse condizioni territoriali, climatiche, economiche e socio-culturali senza rinunciare però alla propria “classicità”. Il circo è così com’è da centinaia di anni, eppure è sempre al passo coi tempi.
Come mai la tenda del circo svetta ancora nelle nostre piazze di periferia accogliendo migliaia di persone, funzionando perfettamente per il suo scopo dopo centinaia di anni, mentre capolavori dell’architettura moderna, anche di recente costruzione, giacciono abbandonati come carcasse ai margini delle nostre città?
Dico una  banalità se dico che nel circo c’è ancora armonia tra forma e contenuto, tra significato e significante, tra il contenitore e la vita che in esso si  muove e si evolve? Esagero se dico che il fallimento dell’architettura moderna e la situazione penosa in cui versano le nostre città sono il risultato della mancanza palese di questa armonia perduta? Posso consigliare vivamente ai miei amici, ai colleghi architetti, a quelli che studiano per diventarlo, a quelli che progettano e costruiscono edifici importanti che cambiano le nostre città e la nostra stessa vita, di andare al circo a godersi uno spettacolo meraviglioso, appena il virus lo consentirà?

 

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