Potentissimo e commovente il finale di questo racconto struggente e pieno di amore, per le persone, per la giustizia, per i figli, per il proprio passato, per la propria città (divorata e avvelenata da imprenditori senza scrupoli e senza coscienza) e per la vita. Beatrice è un personaggio meraviglioso di cui Emilia Bersabea Cirillo descrive in modo esemplare l’umanità, divisa tra l’impulso di fare qualcosa di concreto per gli altri e il bisogno di sentirsi donna e madre di una bambina speciale con la quale ha un rapporto difficile ma intenso. Un gruppo di personaggi che intrecciano le loro storie personali sullo sfondo di un caso giudiziario che ha caratterizzato la storia recente di un territorio che Emilia conosce molto bene, martoriato dal terremoto, dalla corruzione e da un affarismo criminale che ha cancellato molte vite che avranno giustizia solo dopo decenni e grazie al coraggio di pochi (il parroco Don Vittorio e Renato, ex sindacalista). Un racconto che non trascura la critica al solidarismo da salotto, quello che si dimostra caritatevole a parole ma poco incline all’azione e dal quale traspare l’insofferenza dell’autrice per il conformismo e l’omologazione di alcune organizzazioni politico sindacali . Ho trovato coinvolgente e ben articolata la descrizione del mondo familiare di Beatrice, fatto di ricordi giovanili e anche di una certa agiatezza spensierata del passato, in contrasto con la difficoltà e la drammaticità del presente che trova uno spiraglio di speranza e di ottimismo nel rapporto ritrovato (o forse appena nato) con Bianca, la sua bambina. Consiglio la lettura di “Azzurro amianto” perché è un libro di qualità che ci racconta la realtà in cui siamo immersi tutti e del veleno, concreto ma anche metaforico, invisibile e pericoloso che respiriamo quotidianamente e dal quale ci possiamo salvare solo con la passione, l’impegno civico, la solidarietà e l’amore.
AZZURRO AMIANTO
MI HA SALVATO JAMBO JAMBO
SECONDA PARTE
Non potendo entrare in camera prima delle 14.00 esploriamo un po’ il villaggio che, fortunatamente, dispone di molte zone arredate con divani, letti, poltrone, di un vasto ristorante di un bar, di piscine, pizzeria italiana, palestra e zona per praticare lo yoga, palme, fiori e piante bellissime in quantità, spiaggia con appositi lettini sotto palme altissime da cui, con un certo ritardo e a mio rischio, ho appreso che cadono i cocchi quando sono maturi, centro benessere, lavanderia, uffici di cambio e turistici per ogni esigenza e persino il “villaggio Masai”, una ricostruzione in scala uno a uno di un “vero villaggio Masai” come dice la pubblicità. Peccato che sia la brutta copia di quello che si può tranquillamente vedere uscendo dal nostro Resort e attraversando la strada… Dall’aeroporto principale di Stone Town la strada che porta a Pingwe, dove siamo alloggiati, è solo in parte asfaltata e, al momento, piena di buche, per cui i numerosi pulmini che fanno la spola per trasportare turisti nelle nostra zona sono piuttosto sgangherati ma gli autisti sembrano felici. Mi dice M., che vive da diversi anni a Pingwe e che rappresenta la ragione per la quale io e mia moglie ci troviamo qui, che la massima aspirazione dei locali è quella di avere un taxi con cui scarrozzare turisti e la cura con cui ogni taxi in cui entriamo è arredato sembra confermare questa informazione, vorrei avere per la mia Multipla quel coprivolante in pelliccia arancione ma non so se in Italia sarebbe considerato un particolare di “lusso” come da queste parti. Confesso che in tante cose l’edilizia urbana e il parco automobilistico locale mi richiamano alla memoria alcune periferie del nostro sud e non mi sento per niente a disagio, anzi, mi sembra di essere a casa… Anche se, devo dire la verità, un recinto fatto di copertoni non l’avevo ancora visto e non è per nulla sgradevole, nel contesto. Non avendo la camera per riposare approfittiamo dei lettini a bordo piscina dove si è immersa una signora che si lascia mollemente trasportare dalla leggera corrente creata dal vento mentre gli altoparlanti trasmettono musica new age e, un po’ più in là, alcune signore di una certa età si impegnano con giovanotti locali in improbabili esercizi yoga. L’atmosfera è favorevole e dunque ci prepariamo ad un pisolino rigenerante al fresco di questo clima caldo ma non asfissiante e, all’ombra, addirittura gradevole. Neanche fatto in tempo a pensare di chiudere finalmente gli occhi per almeno un paio d’ore che parte la musica a palla dal bar immerso a pelo d’acqua e inizia la fase scatenamento: un’esaltata che pare essere italiana e che non abbiamo mai visto prima ci si avvicina entusiasta di coinvolgerci nella danza del mattino, tutti insieme, a bordo piscina per un inizio della vacanza benaugurante e frenetico.
MI HA SALVATO JAMBO JAMBO
*letteralmente “piano piano” in lingua
Swahili, è un invito a rallentare, a fare tutto con calma, con pazienza.
MI HA SALVATO LA MATITA Maurizio Zenga e Vittorio Sgarbi a Napoli
Non posso fare a meno di raccontare, con le immagini, il mio incontro con Vittorio Sgarbi a Napoli. Si era appena conclusa la presentazione nella sala grande dello storico Caffè Gambrinus, quando ho visto entrare in sala e venire verso di me il professor Sgarbi dicendomi "Lei è Zenga!", sono rimasto interdetto perchè non mi aspettavo questa sorpresa. Sgarbi si è intrattenuto in modo molto affabile e divertente a parlare un po' del mio libro facendomi i complimenti soprattutto per la grafica che gli è piaciuta molto. Ho girato i suoi complimenti a mio fratello Mario che, nel video si vede, ha fatto una battuta esilarante in merito al discorso sulle pagine bianche dei libri destinate alle dediche. Nel finale del video anche mia moglie è stata al gioco con una battuta fulminante con cui ha risposto ai complimenti del professore. Insomma una bella serata, una presentazione interessante, piena di amici e di belle parole, conclusasi con questo incontro inaspettato, davvero molto piacevole e a tratti esilarante con un personaggio che si è rivelato, da vicino, estremamente simpatico e gentile.
BASTA! E’ ORA DI FINIRLA CON QUESTO SCEMPIO!
Sono stufo di vedere alberi abbattuti e di sentire seghe
elettriche al lavoro dappertutto, che senso ha questo scempio continuo? Gli
alberi sono sacri, ci vuole rispetto! Gli alberi secolari si curano, si
tutelano, si mantengono in vita a qualunque costo e si tagliano solo per
ragioni (accertate) di sicurezza pubblica.
NON SI TAGLIANO
PER NESSUN’ALTRA RAGIONE AL MONDO!!
Voglio manifestare tutto il mio sdegno, la mia indignazione e la mia rabbia, per questa distruzione lenta e inesorabile del territorio urbano e del verde di questa città che lascia spazio, peraltro, a una speculazione indecente che crea agglomerati di cemento con spazi abitativi invivibili, costosissimi e talmente brutti da deformare irreparabilmente l’immagine storica di un centro urbano una volta deliziosamente unico. Non si può restare in silenzio di fronte a tutto questo, e non è questione di destra o sinistra, le amministrazioni non brillano in questa materia né dall’una né dall’altra parte, è una questione di buon senso e di civiltà del vivere. Bisogna dire basta al taglio degli alberi indiscriminato e basta alla cementificazione selvaggia e alla speculazione!
TCBF DI TREVISO - FIRMACOPIE DOMENICA 25 SETTEMBRE 2022 ORE 18.00
DOMENICA 25 SETTEMBRE ALLE ORE 18.00
QUANDO DISEGNAVO PER LA RAI
Nel 1979, frequentavo l’Università e lavoravo a contratto
con la RAI (pagavano benissimo gli “esterni”) era un lavoro divertente e
impegnativo in quanto si trattava di realizzare delle brevi sigle animate per
programmi di varia natura. Io facevo il progetto, lo presentavo al direttore di
rete, si teneva una breve riunione per approvare i contenuti dopodiché si
passava alla realizzazione. Io creavo i disegni che poi venivano animati da uno
strumento che oggi farebbe ridere a confronto con i sistemi di animazione che
abbiamo a disposizione: la truka. Non c’erano computer o sistemi di animazione
digitali dunque la lavorazione richiedeva molto tempo, a volte mesi, e spese
ingenti di produzione per pochi minuti di video. Ricordo che alcuni filmati
venivano spediti addirittura in Olanda per essere rifiniti con macchinari che
la RAI non aveva a disposizione e ogni volta mi stupivo dei risultati sorprendenti,
e anche dei costi imponenti, che l’azienda pubblica sosteneva per pochi minuti
di sigla. Oggi posso fare le stesse cose, molto meglio, con un programmino
gratuito che gira sul mio portatile. Così va il progresso… Nella foto un
articolo del “Mattino” di Napoli che parla di una trasmissione di cui avevo
creato la sigla e la scenografia, il cui responsabile era un ancora poco conosciuto
Domenico De Masi.
MI HA SALVATO LA MATITA
Ho la passione del disegno da quando ero bambino, mi piace
soprattutto creare personaggi divertenti e vignette umoristiche, mi sono sempre
ispirato alle persone che ho conosciuto nei diversi ambienti che ho
frequentato, cercando di riprodurne i tratti particolari e più divertenti. La
vignetta mi attrae particolarmente perché consente di unire testo e immagine
per esprimere, con estrema sintesi, concetti anche profondi e complessi. Nel
corso della mia carriera di insegnante di Educazione Artistica ho disegnato
migliaia di vignette dedicate alla scuola, molte le ho regalate a colleghi,
alunni, dirigenti, genitori… tantissime le ho conservate. Dal 2019 sono in
pensione e la pausa imposta dal Covid mi
ha consentito di riordinare il mio archivio e di selezionarne una parte
cospicua che ho raccolto in un libro che sarà in distribuzione nei prossimi
giorni, nelle librerie e sulle principali piattaforme on line. Il volume
contiene, oltre alle vignette, testi che ho scritto sulla mia esperienza di docente,
come una sorta di “diario di bordo” che spero potranno aiutare il lettore a
comprendere come è cambiata la scuola negli ultimi anni e come potrebbe ancora
cambiare, secondo me.
Dal 25 settembre 2022 in libreria e sulle piattaforme online!
UNA CARTOLINA DA HAMMERSTEIN
Oggi, 27 gennaio 2022, metto a disposizione di chi desidera conoscere
meglio la sua storia il video che realizzammo nel laboratorio, con la sua
straordinaria partecipazione. Potete vederlo, nella versione originale, a
questo Link dove resterà visibile per una decina di giorni:
Il soggetto del cortometraggio fa riferimento ad una storia vera riguardante un cittadino di Casale sul Sile ( TV ) , ex combattente nell’ultima guerra mondiale ed ex prigioniero nel campo tedesco di Hammerstein, nel 1943.La vicenda di Bruno Rossetto, questo è il nome del nostro testimone, attraversa un periodo fondamentale della nostra storia e comprende un episodio che ha dell’incredibile: lo strano, incredibile percorso di una cartolina, da lui spedita a suo fratello nel lontano 1943 dal campo di prigionia tedesco in cui era stato deportato e mai arrivata al destinatario ma “ritornata” nelle mani del mittente dopo moltissimi anni grazie ad una occasione fortuita e del tutto casuale.
La cartolina è stata recuperata ( solo qualche anno fa ), presso un
mercatino dell’usato a Udine, da un alpino di Casale sul Sile che l’aveva
notata curiosando tra i banchetti del
mercato, leggendone l’indirizzo del Comune di Casale sul Sile.
Questo signore l’ha acquistata pensando di
poterne trovare il destinatario e di recapitarla, attraverso amici e
conoscenti comuni, al legittimo destinatario o ai suoi parenti.
Purtroppo il fratello di Bruno Rossetto, a cui era stata inviata la missiva è morto dopo pochi mesi di guerra ma il signor Bruno ha potuto rientrare in possesso della sua cartolina, oggetto prezioso e davvero pieno di ricordi, grazie all’interessamento di alcuni amici che hanno fatto in modo di consegnargliela nel corso di una festa organizzata appositamente per l’occasione in un cinema di Casale. Partendo da questo episodio curioso e anche commovente e dall’idea che, attraverso questo episodio, si potesse creare una sorta di collegamento tra scuola e territorio, vita attuale e storia passata, giovani e anziani, memoria e futuro, il “laboratorio cinema” ha proposto come primo tema di quest’anno ( ci sarà un secondo lavoro a breve, su un tema diverso ) un film-documento sulla storia della sua prigionia raccontata da B.Rossetto agli alunni della nostra scuola e della Storia come memoria viva, trasmessa attraverso la testimonianza di coloro che, per fortuna, ancora possono raccontare ai giovani cosa è stata la guerra e perché non bisogna mai più farla.
TITOLO: “Una cartolina da Hammerstein”
DURATA: 48’34”
PROGETTO:
Maurizio Zenga
(
docente responsabile del laboratorio Cinema a scuola
per l’Istituto Comprensivo di Casale sul Sile
)
INTERPRETI: Graziano Serra, gli alunni del laboratorio
cinema 2009/2010
con la partecipazione di Bruno Rossetto e Carlo
Meneghetti
ARGOMENTI: la seconda guerra mondiale, la Storia a
scuola, il rapporto tra giovani e anziani, la memoria, la multimedialità e la
didattica nella disciplina Arte e immagine nella scuola media, il cinema a
scuola, la relazione tra scuola e territorio.
SONORO: in presa diretta e doppiaggio in studio
FORMATO: 16:9 telecamera mini DV ( Panasonic )