Un posto
incredibile. Si muove tutto lentamente tra orizzonti infinitamente lontani e
spiagge bianche come neve battuta, palme altissime che ondeggiano al vento e
volti sorridenti, perennemente curiosi, amichevoli, a cui la cattiveria sembra
sconosciuta. Ragazzi sorridenti sfrecciano felici su improbabili motorette, in
tre e anche in quattro e, ad ogni incontro, anche casuale, ti salutano con un
“Jambo Jambo” oppure “Akuna matata” e sembrano sempre attendersi uno scambio,
un cenno di saluto, una prova d’amicizia. Sbucano con queste loro teste
ovali meravigliose da orribili
costruzioni in muratura, spesso pericolanti, tumefatte, semi crollate o
soltanto iniziate, rattoppate con pezzi di lamiera, legno di recupero o foglie
di palma, essenziali ma funzionali a svolgervi la loro esistenza semplice e
naturale. Dappertutto, ai lati della strada principale, vedi bottegucce che
vendono qualcosa, che stanno in piedi per miracolo, i cui proprietari si
espongono al passaggio così come le semplici merci riposte su banchetti in
legno traballanti sui quali spiccano alcuni frutti e poche verdure dai colori
vivaci che, incredibilmente (per noi)
troveranno dei compratori prima di sera. Uno di questi commercianti, mi dicono,
riesce anche a dormire dentro una minuscola capanna-negozietto di pochi metri
quadrati, senza luce e senza niente che possa farlo sembrare un luogo di lavoro
e anche una casa. A qualche decina di metri di distanza le costruzioni in “stile
africano” e la vegetazione colorata e
rigogliosa del villaggio vacanze dove saremo alloggiati, emergono tra le
macerie dell’abitato circostante, dove bambini bellissimi e vivaci, vestiti di
stracci, giocano tra le pozzanghere e i
rifiuti sparsi un po’ ovunque. Arriviamo in mattinata, dopo un volo notturno
interminabile (almeno per me che sopporto poco l’idea di essere sospeso a
11.000 metri nel vuoto, al buio e al freddo della notte) e una notte insonne,
con l’immagine fissa di una doccia e un letto ma…la stanza non è pronta e non
lo sarà fino a dopo pranzo perché le operazioni di pulizia e sistemazione
richiedono tempi lunghi e, come potremo apprezzare anche nei giorni a venire,
tutto a Zanzibar si svolge lentamente, con calma, “pole pole”*
*letteralmente “piano piano” in lingua
Swahili, è un invito a rallentare, a fare tutto con calma, con pazienza.
Le case dei villaggi sono costruite in vari materiali, terra, impasti di cemento e pietre, lamiera, foglie di palma essiccate, un po' di tutto, diciamo che non si fanno problemi e non ne hanno nemmeno dal punto di vista climatico, dunque molte abitazioni sono senza infissi ma la tecnica costruttiva che vedete nelle foto qui sopra è davvero interessante e di (apparente) facile esecuzione, i tetti di foglie di palma vengono periodicamente rinnovati, quelli di lamiera resistono al tempo e alla ruggine e gli abitanti non ne temono la pericolosità, come è facile intuire.
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