Dopo aver letto sui giornali locali del prestigioso premio assegnato all'Arch. Filippo Caprioglio per il progetto di una casa unifamiliare a Mogliano Veneto, gli ho chiesto un incontro per fargli qualche domanda a proposito del suo progetto ma anche più in generale sulla situazione attuale della architettura. Come professionista attivo nel territorio veneto, e non solo, ha certamente il polso della situazione, per questo ciò che dice in questa chiacchierata-intervista, a mio parere, è molto interessante.
L'intervista è pubblicata in originale sul giornale "La Piazzaweb"
Foto di Walter Dabalà
Negli ultimi anni,
grazie a leggi emanate dai governi per
favorire il lavoro e l’economia, l’edilizia ha avuto uno sviluppo notevole e
gli effetti si vedono con la modifica sostanziale delle nostre città che stanno
lentamente cambiando la loro forma e
anche la loro funzione, in alcuni casi con una cementificazione selvaggia che
sta stravolgendo i centri storici, le periferie ma anche il modo di vivere la
città e le relazioni umane. Qual è, secondo Lei, il compito professionale
dell’architetto oggi, in questa situazione?
L’architetto deve
avere il ruolo di educatore, tutti gli architetti che hanno segnato ( a ragione
) il loro tempo lo hanno fatto con grande etica ovvero lavorando e progettando
per le persone. Questo è il mio mantra. Il progetto di una casa si basa sulle
relazioni intima che essa stabilisce con le persone che ci vivono ma a sua
volta stabilisce un rapporto con ciò che ha al contorno e con altre persone. La
casa che ho costruito a Mogliano come, ad esempio, gli edifici residenziali in
via Toti a Mestre e a Zelarino, hanno generato nei confinanti la volontà di
interagire con queste nuove costruzioni e la necessità di rinnovare le proprie
abitazioni. La buona architettura sollecita le persone a riflettere sulla
qualità del proprio ambiente.
Una specie di
contaminazione. Può sintetizzare in pochi punti quali sono gli elementi che
hanno riqualificato le zone in cui è intervenuto?
La qualità dei
materiali, della composizione architettonica delle facciate, la scelta di
riutilizzare tutto o parte del preesistente, alcuni elementi architettonici
come le ampie terrazze, tutti elementi che danno qualità al vivere e una
percezione di benessere alle persone.
Mogliano Veneto negli
ultimi anni ha sacrificato una parte consistente del proprio centro storico per
fare spazio ad un enorme supermercato dalle linee architettoniche
“industriali”, a parcheggi senza alberature e ad una serie di condomini di
dimensioni sproporzionate a pochi metri l’uno dall’altro a ridosso di edifici
importanti per la città come la chiesa madre e il museo Brolo, per ricevere in
cambio spazi a verde pubblico del tutto insufficienti, di passaggio e
sostanzialmente decorativi. Di chi è la responsabilità di tutto questo?
So di dire una cosa
impopolare però c’è sempre innanzitutto la nostra responsabilità, quella dei
progettisti. Se si trova sul tavolo un “piatto” così , anche se giustamente il
committente vuole massimizzare il suo investimento chi “apparecchia” la tavola
è pur sempre l’architetto il quale, come dicevo prima, deve “educare”, far
capire che ci sono delle relazioni funzionali e umane da mantenere, l’edificio
che si trova lì vicino è importante dunque va bene, se concesso dai
regolamenti, fare un supermercato ma guardiamo anche il contesto e gli esempi
di questo tipo realizzati nella mitteleuropa, a Bolzano o a quello che ha fatto
Despar, marchio attento anche all’architettura dei propri fabbricati.
Io non mi spiego come
sia possibile avere una opportunità come quella di dare alla città uno spazio
commerciale collettivo, fatto di scambi, relazioni, incontri e si partorisca un
edificio dalle linee “industriali”, contornato da un parcheggio sterminato con
un verde a dir poco striminzito …
Infatti, è per questo
che dico che la colpa è nostra, almeno al 70%.Io credo ancora “romanticamente”
che non facciamo gli architetti per denaro ( tanto sappiamo che non diventeremo
ricchi con questo mestiere) almeno sfruttiamo le occasioni che abbiamo per fare
qualcosa di bello e di utile. L’altro 30% di responsabilità però è della committenza, generalmente…
E l’Amministrazione
pubblica, non ha a delle responsabilità nelle scelte urbanistiche?
A livello di scelte di
piano regolatore sicuramente in quanto, pur non avendo la sfera di cristallo,
le amministrazioni devono essere in grado di prevedere gli esiti di tali
scelte; gli strumenti per inserire dei “paletti” e delle prescrizioni ci sono.
Lei ha operato a Mogliano,
dove ha realizzato quella che è stata definita “la casa del lusso più bella
d’Italia”, ha avuto difficoltà con l’Amministrazione?
Guardi, devo dirlo,
nessuna difficoltà, è stata veramente un percorso super! Ho avuto la fortuna di essere seguito
da responsabili con cui abbiamo dialogato tantissimo, tecnici colti e
competenti…
Dunque, per ottenere
buoni risultati, conta avere rapporti con una Amministrazione collaborativa,
partecipe che capisca il valore di un progetto rispetto ad un altro?
Conta tantissimo!
Senza alcun dubbio.
E come è possibile
che le stesse persone che hanno apprezzato e sostenuto il suo progetto, davanti
a progetti impresentabili o decisamente brutti non hanno la forza di impedirne
la realizzazione?
Purtroppo ne hanno
poca, direi tendente allo zero… Una volta c’erano le commissioni edilizie che
potevano esprimere un parere vincolante oggi, quando ne ha la competenza,
rimane solo la Sovrintendenza… d’altra parte se un collega rispetta la norma, a
livello giuridico risulta inattaccabile, sull’estetica, pur nella soggettività’
della materia, credo potremmo fare un'altra chiacchierata specifica. Altro
argomento e’ il “buon costruire” , su questo forse anche l’amministrazione
degli strumenti li avrebbe.
E i cittadini? Hanno
anche loro delle responsabilità?
Le dico la verità,
sono un po’ allergico ai comitati che si mettono di traverso talvolta senza conoscere l’iter di un progetto
ma sono convinto che l’Amministrazione
debba sempre spiegare ai cittadini e richiederne la partecipazione, quando un
progetto andra’ a modificare il vivere pubblico. Io sostengo da sempre i
“progetti partecipati” poi, quando le cose si trasformano in guerre tra
fazioni, allora è tutto più difficile… Diventa spesso confronto politico e
allora si entra in un campo diverso.
Ho associato il suo
progetto per lo Spazio Berlendis di Venezia ad alcune cose di Carlo Scarpa per
il rispetto che dimostra nei confronti del contesto in cui si inserisce,
difficile e prezioso. Perché questi risultati si ottengono spesso nei lavori
privati e non nelle opere pubbliche?
Lo Spazio Berlendis è
l’intervento privato più pubblico che io abbia fatto nella mia carriera. Eravamo
esposti a tutto e a tutti, sempre, mentre operavamo nello squero più antico
della città, di fronte all’Ospedale San Giovanni e Paolo. Uno spazio che ha
avuto una risonanza incredibile molto prima della sua inaugurazione, sui social
soprattutto dove non sono mancati gli attacchi scorretti circa mie presunte
“entrature” per ottenere i permessi. Altro che entrature! Un anno di lavoro, di
analisi approfondite, di studi e di confronti, ricerche, disegni e attenzione
millimetrica a tutto pur di essere coerenti e ligi ai principi e alle norme per
ottenere i permessi.
Che risposta ha avuto
dall’Amministrazione veneziana, collaborativa?
Il progetto segue
delle regole precise, sia il Comune che la Sovrintendenza hanno assunto un ruolo importante e con loro ho avuto uno
scambio e una collaborazione di altissimo livello qualitativo. Ho trovato
tecnici veramente illuminati che hanno capito e che sono entrati nel progetto,
felici di potervi entrare con competenza, entusiasmo e partecipazione. E’ stato
un percorso bellissimo che, senza voler fare paragoni con il Maestro, anche
Scarpa avrà seguito districandosi tra norme e permessi, come tutti…
Questo mi conferma
l’idea che quando l’architetto raggiunge una certa fama non è vero che è tutto
più facile, anzi…
Tutt’altro. Ti aspettano al varco! A volte si possono creare
invidie, succede…E’ altrettanto vero che quando viene riconosciuta l’etica e la
qualità del progettista si e’ portati all’ascolto e alla valutazione del
progetto sapendo chi si ha di fronte. Poi dipende anche da come ci si pone, ovviamente.
“La casa del lusso
più bella d’Italia” è opera sua e si trova a Mogliano, ha vinto il premio
“Lifestyle Luxury Award 2021” questo fa di lei una “Archistar”?
(sorride) Tra amici e conoscenti
ma anche per testimonianze indirette che indubbiamente fanno piacere, ho
una considerazione alta, del tipo: “ se vinco l’Enalotto mi faccio fare la casa
da te…” ma è una affettuosa esagerazione che accolgo con divertimento perché,
in realtà, si può fare della buona architettura con budget molto sostenibili,
si possono ottenere case ideali per famiglie a prezzi accessibili. Poi trovo
giusto che il committente che può spenda per avere una maggiore dimensione spaziale o materiali non
alla portata di tutti.
L’architetto dunque
può realizzare, se non proprio i sogni, almeno una dimensione “ideale” del
vivere. In cosa consiste , in poche parole, la bellezza della casa che lei ha
progettato a Mogliano?
Nel fatto che tutti
gli spazi interni ed esterni sono
generati attraverso la luce che è il filo conduttore dell’idea progettuale, il giardino è concepito
come parte integrante della casa in cui non c’è soglia ed esiste una continuità
spaziale che ti fa sentire dentro quando sei fuori e viceversa. Gli elementi
naturali hanno determinato molte delle mie scelte progettuali.
E perché proprio a
Mogliano?
Ma, me lo sono chiesto
anch’io, il committente ha scelto me ed io mi sono adeguato al contesto urbano
che ho trovato che non mi ha condizionato particolarmente essendo molto poco
caratterizzato ( se fossi stato dall’altro lato del Terraglio, in zona “citta
giardino”, avrei operato diversamente in quanto più condizionato dalla
situazione preesistente ). L’unico condizionamento c’è stato nei rapporti di
scala, se lei arriva da via Sauro, a piedi o in auto, si accorge della presenza
della casa solo quando è a 10 mt. Lo studio che abbiamo fatto sui rapporti
dimensionali e sulla posizione è stato al centimetro.
Per concludere,
architetto Caprioglio, questo non è il solo progetto che le ha dato
soddisfazione sul piano professionale (durante il nostro colloquio ne ha citati
diversi) qual è il fattore che accomuna questi suoi lavori?
Che, in tutti questi
casi, a Mogliano come in altre situazioni, mi sono sentito libero di esprimermi,
pur con tutte le naturali attenzioni di
cui un progetto necessita e che il committente richiede. E’ questa la
condizione ideale per ottenere buoni risultati nel mio lavoro.
Considerazioni
finali:
Dalla lunga e piacevole chiacchierata con l’architetto Caprioglio ho
dedotto che una gran parte della responsabilità della situazione edilizia
attuale attiene le competenze, le capacità e l’etica dei progettisti, un’altra
parte (minoritaria) ai committenti e una terza parte, a volte determinante e a
volte del tutto ininfluente, alle amministrazioni pubbliche le quali, in molti
casi, dimostrano di avere al proprio interno tecnici di qualità, con
sensibilità e capacità anche notevoli ma non sempre in grado di intervenire a tutela
del loro territorio di competenza.