Potentissimo e commovente il finale di questo racconto struggente e pieno di amore, per le persone, per la giustizia, per i figli, per il proprio passato, per la propria città (divorata e avvelenata da imprenditori senza scrupoli e senza coscienza) e per la vita. Beatrice è un personaggio meraviglioso di cui Emilia Bersabea Cirillo descrive in modo esemplare l’umanità, divisa tra l’impulso di fare qualcosa di concreto per gli altri e il bisogno di sentirsi donna e madre di una bambina speciale con la quale ha un rapporto difficile ma intenso. Un gruppo di personaggi che intrecciano le loro storie personali sullo sfondo di un caso giudiziario che ha caratterizzato la storia recente di un territorio che Emilia conosce molto bene, martoriato dal terremoto, dalla corruzione e da un affarismo criminale che ha cancellato molte vite che avranno giustizia solo dopo decenni e grazie al coraggio di pochi (il parroco Don Vittorio e Renato, ex sindacalista). Un racconto che non trascura la critica al solidarismo da salotto, quello che si dimostra caritatevole a parole ma poco incline all’azione e dal quale traspare l’insofferenza dell’autrice per il conformismo e l’omologazione di alcune organizzazioni politico sindacali . Ho trovato coinvolgente e ben articolata la descrizione del mondo familiare di Beatrice, fatto di ricordi giovanili e anche di una certa agiatezza spensierata del passato, in contrasto con la difficoltà e la drammaticità del presente che trova uno spiraglio di speranza e di ottimismo nel rapporto ritrovato (o forse appena nato) con Bianca, la sua bambina. Consiglio la lettura di “Azzurro amianto” perché è un libro di qualità che ci racconta la realtà in cui siamo immersi tutti e del veleno, concreto ma anche metaforico, invisibile e pericoloso che respiriamo quotidianamente e dal quale ci possiamo salvare solo con la passione, l’impegno civico, la solidarietà e l’amore.
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